David Bowie Is

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David Bowie Is

Era un pomeriggio di giugno di tre anni fa, per la precisione esattamente come oggi, quando rimettevo piede in Cromwell Road per dirigermi verso il Brompton Oratory e riprendere fiato sugli scalini esterni della Chiesa di San Filippo Neri. Un po’ come racconta lo sfinito Nick Cave nell’autobiografico brano ambientato nell’omonima cattedrale, sovrastato dalle statue di pietra degli apostoli, agognate dal nostro per l’impossibilità, essendo pietra, di provare lo stesso dolore. L’emozione di chi scrive era quel giorno sicuramente meno dilaniante e comunque non aveva a che fare con l’assenza di qualcuno. Almeno, non ancora. Ero, infatti, da poco uscito dal Victoria & Albert Museum, dopo aver dedicato l’intera indolente mattinata alla visita di “David Bowie is”, la mostra per eccellenza dedicata all’artista nato nella stessa città ma un po’ più a sud, a Brixton, nel gennaio del 1947.

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Certo, mai avrei pensato allora che l’alieno e indecifrabile artista, così amato da chiunque, vista anche la coda alla mostra, ci avrebbe lasciati dopo appena tre giorni dal compimento del suo 69esimo compleanno e proprio in questo modo. Il 10 gennaio 2016 è stato, almeno per me, una specie di spartiacque. La notizia della morte di David Bowie ha reso anche la mia morte un po’ più vicina e tangibile. Come se una parte di me percepisse l’impossibilità di lasciar andare ricordi così reali e una presenza così ficcante della musica di Bowie nella mia vita; mentre un’altra parte mi rendesse improvvisamente più facile, forse necessario, cominciare a imparare a morire. Non mi è valso lo stare a stretto contatto con lo splendido spettacolo che Andrea Chimenti ha portato in scena allo Smiting di Rimini, qualche mese dopo. Anzi, al di là della bellezza emozionante dell’omaggio, mi è parso ancora una volta che l’ondata di lutto collettivo che ha preso piede in varie forme, fosse a ogni manifestazione sempre più inappropriata. Bowie è, per forza, un’esperienza intima e personale.

Epperò, Bowie è anche di tutti, in senso di fruibilità plurale e gli omaggi sono più che leciti. Eccentrico, provocatore, infaticabile esploratore di nuove frontiere, è stato davvero un artista totale, capace di ridefinire i confini della performance musicale e stravolgere più volte la forma della canzone. Dal Major Tom di “Space Oddity” a “Ziggy Stardust”, dal Thin White Duke di “Station to Station” al diafano post-rocker di “Heroes”, dai trionfi di “Let’s Dance” e di “The Next Day” fino a “Lazarus”, l’ultimo singolo del suo straordinario testamento musicale “Blackstar”: David Robert Jones, in 50 anni di carriera ha abbattuto barriere e rivoluzionato la storia della musica, della moda, dell’arte, trasformando se stesso e le sue mille incarnazioni in altrettante icone dell’immaginario collettivo e della cultura di massa. E qui c’è poco da inventare, tant’è che prendo a prestito queste parole dal perfetto comunicato stampa che sto leggendo circa l’iniziativa all’origine di questo articolo (un po’ come Neil Young che in “Borrowed Tune” prende esplicitamente a prestito la melodia di “Lady Jane” dei Rolling Stones, non avendo a disposizione una originale più adeguata). E l’iniziativa che dà la stura alle mie parole è, tra le altre cose, proprio la mostra citata nell’incipit, che sbarca finalmente in Italia a celebrare il genio e il talento di uno degli artisti più amati e sfuggenti di tutti i tempi.

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Dall’11 al 17 luglio arriva quindi “Omaggio a David Bowie”, una settimana di iniziative ed eventi dedicati a chi è riuscito a coagulare tanto mistero e attrazione su di sé e sulla sua arte. Si comincia con il ritorno al cinema, dall’11 al 13 luglio, di “David Bowie is”, il documentario sulla mostra evento del Victoria & Albert Museum che rivedremo finalmente sul grande schermo. Si prosegue poi il 14 luglio, quando la mostra “David Bowie is” del V&A inaugurerà al MAMbo di Bologna la sua unica tappa italiana, l’ultima europea. Intanto sui social prende il via l’iniziativa #OmaggioABowie che invita tutti i fan a raccontare il proprio legame con l’artista attraverso un’immagine o un testo di omaggio. I pensieri più originali saranno pubblicati e condivisi sulle pagine social ufficiali dell’evento. Un’occasione, per chi ama i social, per dare un senso al proprio ego.
L’esposizione si potrà visitare fino al 13 novembre 2016. Insieme al catalogo edito in Italia da Rizzoli, è l’occasione per celebrare la prodigiosa carriera di Bowie e la sua inesauribile capacità di reinventarsi senza mai tradire se stesso e il suo pubblico. Il percorso si articola attorno a una serie di contenuti “multimediali” che permettono al visitatore di rivivere il processo creativo di Bowie e di capire con quale cura e studio il suo lavoro fosse capace di rielaborare la lezione dei protagonisti del teatro, della danza, dell’arte figurativa del Novecento, facendo confluire nelle sue canzoni ed esibizioni correnti e tendenze di discipline confinanti, come l’arte orientale, la fantascienza, la cabala, la danza, la moda. Il ritratto che ne emerge è quello di un artista che ha condizionato l’estetica e il gusto di varie decadi del secolo scorso, anticipando visioni della società contemporanea con uno sguardo originale e indelebile, che influenza la nostra cultura visiva e pop.

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La mostra del Victoria & Albert Museum è la più incredibile personale mai allestita dedicata all’artista, una vera e propria “Bowie Experience”. Il pubblico londinese la prese letteralmente d’assalto e il museo registrò ingressi da record. Visitare “David Bowie Is” è stata un’esperienza unica, emozionante, perfino sorprendente. Un viaggio nel tempo e nello spazio, fra trasformazioni e personaggi, eccentrici costumi di scena indossati da manichini con le sue sembianze e, ça va sans dire, una colonna sonora di canzoni leggendarie. Trecento pezzi che includono filmati, fotografie, manoscritti e lettere, storyboard per i video, bozzetti di costumi e scenografie. Bowie stesso aveva reso possibile l’accesso ai suoi archivi: tutti avrebbero potuto esplorare l’universo dell’uomo che ha esteso i confini e la bellezza della musica. Descritta da The Times come “elegante e oltraggiosa” e da The Guardian come “un trionfo”, la mostra su Bowie è stata un successo clamoroso e un primato nella storia del V & A Museum.

Nel film documentario, che porta lo stesso titolo, veniamo accompagnati nell’allestimento del V&A da guide speciali, come lo stilista giapponese Kansai Yamamoto e il leader dei Pulp Jarvis Cocker, che ci portano dentro le storie che stanno dietro ad alcuni dei migliori pezzi esposti. Victoria Broackes e Geoffrey Marsh del Dipartimento di Teatro & Performance V & A, hanno curato la mostra, che poi ha fatto il giro del mondo.
Un’informazione di servizio: chi vedrà il film, conservi il biglietto; presentandolo alla biglietteria del MAMbo o in uno dei punti vendita Vivaticket si avrà la possibilità di acquistare un biglietto di ingresso alla mostra al costo ridotto di 13€ (il giovedì, con apertura serale, a 10). Viceversa, presentando la prenotazione della mostra alle biglietterie delle sale cinematografiche che aderiranno alla promozione, si potrà acquistare il biglietto del film a prezzo ridotto.

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