ALESSANDRA RACCA vs MAX PONTE. Ovvero che mi hai portato a vedè lo Slam poetry se non mi vuoi più bene

ALESSANDRA RACCA vs MAX PONTE
Ovvero che mi hai portato a vedè lo Slam poetry se non mi vuoi più bene

Chi sono?

Racca

Alessandra Racca, torinese, classe 1979, conosciuta sul palco e sul web come la “Signora dei calzini” (da “Nostra signora dei calzini” una delle sue prime liriche -ndr-), scrive poesie.
Le poesie di Alessandra sono state pubblicate in rete, riviste, in antologie collettive e raccolte personali. (Fra queste, le raccolte personali “Poesie antirughe -2011, Neo Edizioni- e L’amore non si cura con la citrosodina -2013, Neo Edizioni-).
Ama leggere ad alta voce i suoi testi in reading poetici nei quali mescola poesia e teatralità a una dose massiccia di ironia. Dal 2008 porta i suoi reading in viaggio per l’Italia, collaborando con musicisti (ma soprattutto musiciste) e altri artisti.
È autrice di Eroticismi, a sua conoscenza unico reading-spogliarello ironico-poetico-parlante mai tentato sulla penisola italica e forse anche oltre.
Spesso le dicono che nelle sue poesie parla molto delle donne, lei non lo nega affatto.
È inoltre organizzatrice e presentatrice di poetry (Poeti in Lizza e Atti Impuri Poetry Slam) e story slam (Storie in Lizza, Voci della città) e fa parte del direttivo della Lega Italiana Poetry Slam.

max ponte

Max Ponte, è nato nel 1977, vive e lavora a Torino. Si è laureato in Filosofia all’Università di Torino con una tesi in Estetica. Svolge attività di ricerca presso l’Università di Parigi-Nanterre con una tesi sulla poesia italiana contemporanea. Suoi racconti e poesie sono stati pubblicati in antologie, riviste e raccolte collettive. Ha declinato la sua poesia in senso lineare, visivo e performativo. Il suo primo libro si intitola “Eyeliner” (Bastogi, 2010). Ha pubblicato nel 2015 un saggio sul futurismo in ebook intitolato “Potere Futurista” (Narcissus). Ha curato alcune mostre dedicate alla poesia visiva e all’opera di Arrigo Lora Torino. Collabora con il blog letterario “La Poesia e Lo Spirito”. Ha creato il programma radiofonico “Ondivago”. Si occupa di poetry slam come coordinatore, assieme a Bruno Rullo, di Slam Italia, Rete Italiana di Poetry Slam. È organizzatore e conduttore di alcune gare poetiche, fra cui il Murazzi Poetry Slam a Torino e il Navigli Poetry Slam che si tiene a Casa Merini, a Milano.

SS: Comincerei subito con la domanda che faccio solitamente per rompere il ghiacchio: fingiamo che voi non conosciate NiedernGasse e Niederngasse non conosca voi. Cosa direste per presentarvi, al di là di ciò che si può trovare in rete o attraverso le rispettive biografie?

AR: Direi: ma non ti basta la nota biografica? Già è così difficile scriverne una…
Diciamo che sono una che quando le viene fatta questa domanda pensa a sempre alla poesia Scrivere il curriculum di Wislawa Szymborska.

MP: Direi semplicemente che sono un poeta, dove per “poeta” non significa rivendicare doti sovrannaturali ma semplicemente enunciare un fare, che poi saranno altri a valutare. Sono un poeta che crede la poesia vada espressa attraverso la parola scritta e non scritta, attraverso la parola vista, vissuta e calata nella realtà, una poesia multiforme, insomma credo nella “poesia totale”, quella di cui parlò Adriano Spatola. “Poesia totale” mi pare la migliore definizione. La sfida, oltre alla “bella” scrittura, è avvicinare sempre più la poesia alla vita e viceversa.

SS: Entrambi siete conosciuti dal pubblico, oltreché per autori di poesia, come organizzatori di eventi culturali, in special modo i Poetry Slam. Perché e cos’è il Poetry Slam?

AR: Il Poetry Slam lo definirei una pratica, un gioco che in sostanza è una gara fra poeti inventata negli anni Ottanta da Marc Kelly Smith negli Stati Uniti e poi diffusa in tutto il mondo. Ha regole molto semplici che posso variare ma che di base prevedono che i poeti recitino, leggano o, per dirla con un anglicismo, “performino” uno o più testi poetici scritti da loro stessi. Le regole del gioco prevedono che questi testi abbiano una durata che di solito non deve superare i 3 minuti e che il poeta nella sua esecuzione utilizzi unicamente il suo corpo e la voce – quindi sono esclusi travestimenti, oggetti o musica. Il pubblico è il giudice di questa gara e vota l’esibizione del poeta con strumenti vari che vanno dalla votazione con un punteggio, l’alzata di mano, l’applauso. La giuria si può estendere a tutto il pubblico, oppure si possono scegliere fra il pubblico  dei “giurati”. La gara è condotta da un MC, un “Mastro di cerimonia” che ha il compito di presentare i poeti, animare la serata, coinvolgere il pubblico, scegliere la giuria e far sì che tutte le componenti si amalgamino fra loro.
Le varianti possono essere molte, slam a squadre, a coppie, a tema, possono cambiare le modalità di voto, il numero dei giurati, delle performance che esegue ogni poeta, ma insomma il cuore del poetry slam sta nel fatto di essere una gara fra poeti con giuria popolare. Nasce come modo di rendere “interattive” e più movimentate le classiche serate di letture di poesia. Io lo trovo uno strumento interessante e ludico di porgere la poesia al pubblico, con dei limiti che molto stanno nel modo in cui viene fatto e con delle potenzialità che stanno nella “sfida” che viene posta ai poeti dai limiti del gioco (il tempo, il rapporto con il pubblico, la gara) e nel coinvolgimento del pubblico.

Perché lo faccio: mi diverte, mi permette di condividere la mia passione per la poesia con altri, ho conosciuto, tramite il poetry slam, molte persone interessanti e affini.

MP: Il poetry slam è un modo eccezionale per liberare la poesia, uno dei più efficaci. Si tratta di una gara poetica ma in realtà è molto di più, è un format, uno stile, un’occasione di crescita comune e molto altro. Lo slam è semplice, è uno spettacolo in cui i poeti si alternano al microfono presentando brani propri senza alcun costume od oggetto di scena. I poeti hanno un tempo massimo di 3 minuti a intervento. Il pubblico è chiamato a votare la loro performance (attraverso una giuria di 5 persone dal pubblico o attraverso alzata di mano dei presenti o applauso). Una competizione su base democratica. Che elimina le giurie prezzolate e la noia di certa poesia. Lo slam è aperto a tutti, quindi si tratta di un’occasione di libera espressione e di condivisione pubblica della poesia. Nello slam si ha obiettivo di far incontrare il miglior testo poetico alla migliore performance. Uno strumento incredibile per la poesia, inventato Marc Kelly Smith negli anni ’80, che non fa che riprendere le antiche gare poetiche. Una novità che unisce passato e futuro animando la poesia internazionale.

SS: Confesso di non essere molto avvezzo a questo genere: ho partecipato anche io ma con scarsi risultati. Quali caratteristiche deve avere secondo voi un poeta, per partecipare con successo a un Poetry Slam?

AR: Credo che chi si misura con il poetry slam debba innanzitutto immergersi in questa dimensione ludica e misurarsi con il meccanismo della gara; che debba insomma “stare al gioco”. In secondo luogo credo che debba tenere conto della particolare situazione che si crea in un poetry slam, utilizzare i limiti e le regole come strumenti per la composizione del testo e per l’esecuzione della performance: deve quindi tenere conto che il testo verrà ascoltato e non letto dal pubblico,  che i suoi strumenti sono certo la parola – una parola che deve arrivare, in un tempo limitato, forte, chiara, potente – ma anche il corpo e la voce, il suono, la sua reattività agli stimoli del pubblico, dell’ambiente, deve inoltre tenere conto del fatto che ha tre minuti per “arrivare” in maniera efficace.

MP: La tua ultima partecipazione invece andò benissimo… I poetry slam sono imprevedibili, non si può prevedere il voto di una giuria pubblica. Lo slam è soggetto alla contingenza più assoluta ma ci sono dei parametri. In Italia hanno successo sia i poeti performativi (tutto sommato molto pochi) sia i poeti “lineari” quindi che leggono poesie che il pubblico direbbe “classiche”. Va detto però che questi ultimi si distinguono per una trattazione ironica, per la presenza di rime o addirittura forme chiuse, per una qualche attitudine predicatoria. Prevalgono, in entrambe le tipologie di poeti, temi relativi alla vita quotidiana o al fenomeno amoroso. Scarsa è la protesta sociale che appartiene allo slam americano. Il vero pericolo è la deriva rappresentata dalla poesia-cabaret, nella quale nessun giovane poeta deve cadere. Lo “slammer” deve rimanere un poeta a tutti gli effetti, sperimentatore o meno che sia. In ogni caso Salvatore, pur non avendo ricette per vincere, sentiamo che tu ti aggiudicherai presto uno slam!

SS: Probabilmente è un mio limite ma fatico a vedere fra i partecipanti, un novello Montale piuttosto che un Luzi. Nel mio immaginario infatti, è più semplice pensare fra i concorrenti un Marinetti, un Sanguineti o una Szymborska. È corretto considerare questo tipo di competizione letteraria, una sorta di avanguardia poetica?

AR: Non credo sia un tuo limite, è che, come dicevo, il poetry slam mette il poeta in una situazione precisa della quale si deve tenere conto e che modifica, o almeno dovrebbe, la direzione della sua scrittura e della sua esecuzione. Le avanguardie e molti poeti hanno sperimentato nel senso della poesia sonora, nelle forme di coinvolgimento del pubblico, sicuramente il pensiero può andare a questo tipo di esperienze, ma il poetry slam è figlio di una situazione precisa e se vuoi lontana dalla nostra tradizione poetica, dalle sperimentazioni linguistiche e dalle basi diciamo così ideologiche delle avanguardie. Il poetry slam nasce in un club jazz negli anni Ottanta negli Stati Uniti, non riesco a immaginare nulla di più lontano da Montale, Luzi ma anche dalla serate futuriste, da Sanguineti, ma anche dalla poesia pubblicata della Szymborka (la quale però amava trascorrere serate con gli amici in cui si improvvisavano composizioni umoristiche). Se penso a qualcosa di affine mi vengono in mente le serate di stand up comedy, i contest fra rapper, gli open mic. Poi, certo, si possono tracciare linee che arrivano alle nostrane gare fra poeti popolari, stornellatori, andare indietro fino alle origini della poesia, ma non so, mi sembrano tutti ragionamenti fatti per “nobilitare” e “difendere” una cosa che molto semplicemente nasce in un contesto urbano, postmoderno, statunitense e anche popolare. Parlare con Marc Kelly Smith, l’anno scorso quando è stato ospite all’Atti Impuri Poetry slam – il torneo che organizzo insieme a Giacomo Sandron, Sergio Garau e Arsenio Bravuomo – mi ha convinta ancora di più di questo. Secondo me non c’è bisogno di nobilitare, difendere o cercare chissà quale antichità di radici, non c’è nulla da nobilitare, basta prendere le cose per ciò che sono e avere l’apertura mentale e la voglia di indagare di cosa si tratta. Per i poeti, secondo me si tratta non di capire se si è, o meno, “poeti da slam”, ma se si ha voglia di ragionare e di misurarsi con determinati limiti e caratteristiche proprie di una esibizione breve, in un contesto popolare, dal vivo, in una situazione agonistica, trovare in questo stimoli e ingegnarsi con soluzioni e “reazioni” creative. C’è qualcosa di interessante per te, poeta, in questo tipo di sfida, vuoi indagarlo? Va bene, allora il poetry slam può essere un’esperienza da fare per te, altrimenti no, e va benissimo così.

MP: Hai toccato un punto caldo. Secondo me è corretto considerare lo slam italiano, soprattutto per lo sviluppo iniziale che ha avuto (e le persone attualmente impegnate come organizzatori), un’onda lunga e debole della neovanguardia. Ma quest’onda è poi diventata altro, è cresciuta nuovamente e ha compreso altri flutti. Il poetry slam, italiano o internazionale che sia, non può essere un’avanguardia poetica, anche se ci sono delle similitudini. Lo slam è un laboratorio da cui possono fuoriuscire poeti di tutti i tipi, anche reazionari, ma con una predisposizione maggiore all’oralità di altri. Certo si spera che l’attitudine perfomativa migliori, soprattutto in Italia (ci dobbiamo lavorare tutti), ma non ci sono veri maestri, e lo sviluppo è spontaneo. Troppe sono le differenze per dare un’etichetta letteraria, se ne potrebbero dare varie. Si tratta di un movimento culturale e sociale più che letterario. Siamo davanti ad un fenomeno in pieno mutamento.

SS: Il Poetry Slam è senza dubbio il fenomento portante dell’oralità nella poesia contemporanea. È quindi, credo, lo strumento più democratico che avvicina tantissimo, autore e pubblico. Secondo voi può svolgere un ruolo sociale e dunque permettere di conoscere qualcosa di nuovo così da migliorare se stessi e per certi versi anche ciò che ci sta intorno?

AR: Guarda, io mi occupo da qualche anno di poetry slam, ma paradossalmente non sono così partigiana dell’idea che sia “il fenomento portante dell’oralità nella poesia contemporanea”, né che ci sia alcun bisogno di democrazia in arte, anzi, la democrazia in arte fa solo danni, ma è un discorso complesso che non so neppure se sono in grado di argomentare con la chiarezza che questa mia affermazione necessiterebbe. Trovo però idiota prendersela a prescindere con il poetry slam, ma ugualmente santificarlo. È un fenomeno urbano, nasce in un contesto in cui le persone hanno bisogno di trovare modi e spazi di “fare comunità”, ed è un modo di farlo attraverso contenuti, sviluppo di idee creative, condivisione di un’esperienza, utilizzo di un linguaggio, quello della poesia, al quale spesso non ci si accosta per “paura” di non capire, di non sapere. In questo senso mi pare, per dirla con un’espressione pre-confezionata, che il poetry slam possa essere “una buona pratica”.
Si vota: possiamo dire che ciò responsabilizza il pubblico? Sì, e lo coinvolge, il voto dice al pubblico: Hei, anche tu puoi dire se una cosa ti piace o non ti piace, ma lo dici davanti a tutti (non nascondendoti dietro una tastiera) in un contesto strutturato di gioco (quindi questo non vuol dire che sei un esperto di poesia). Anche questo mi pare positivo, mi pare che vada nella direzione di stimolare la familiarità con un linguaggio spesso considerato ostico a prescindere e, perché no, il senso critico.
Infine, come dicevo sopra, credo offra ai poeti una buona occasione per sperimentare i propri strumenti espressivi.
Ma penso anche che tutto il bene che può venire dal poetry slam possa realizzarsi se, e solo se, chi organizza e chi si misura con questo gioco insegua la qualità, la vivacità, il ricambio generazionale e la sperimentazione. Altrimenti il poetry slam genera l’effetto opposto: brutte poesie, eseguite male, in un circuito-ghetto che non fa altro che rafforzare pessimi stereotipi pseudo-poetici nei partecipanti e nel pubblico.

MP: Il poetry slam sin dalle sue origini, e dalla sua nascita in seno alla cultura hip-hop, ha una valenza sociale fortissima. Per quanto riguarda il nostro paese può educare alla democrazia (vota il pubblico infatti). Inoltre, come è successo con poetry slam come quello del Primo Marzo a Genova può diventare un modo per sottolineare il ruolo dei poeti italiani di origine straniera e favorire l’integrazione e la coesione sociale. Infine è per tutti un modo per incontrarsi, per ritornare al territorio e staccarsi dal logorio della vita telematica. Il poetry slam crea delle piccole società locali e nazionali, reti di scambio fra poeti, collaborazioni, pubblicazioni, eventi collaterali, e poi amicizie-inimicizie, amori e dolori, come spesso accade nella società poetica italiana piuttosto confusa e divisa, ma comunque vitale.

SS: Una sfida importante a mio avviso, potrebbe essere quella di portare il Poetry Slam in luoghi abitualmente considerati poco deputati ad ospitare tali eventi. Immagino piazze e teatri di periferia o comunque lontani dai soliti luoghi di ritrovo letterario, ritornare a vivere grazie anche a ciò. Secondo voi è possibile?

AR: Dico che succede già e che questa è una componente essenziale del gioco (il poetry slam nasce, appunto, in un club). Ho sempre organizzato poetry slam in locali, ne ho visti in piazze, centri sociali ed è lì che, soprattutto, funziona. Come ogni atto performativo anche il poetry slam “succede” in maniera differente a seconda di dove si fa.

MP: Certo che è possibile e penso stia accadendo in Italia. La stessa esperienza del Murazzi Poetry Slam di Torino, iniziata nel giugno del 2012 al Magazzino sul Po, è proprio questo. Abbiamo contribuito a ridare valenza culturale ad un’area della città quasi abbandonata e che ora sta per essere restituita ai cittadini. La poesia può riqualificare e riportare le persone a rendersi conto del territorio, creare dibattito, accendere i riflettori. I poeti devono ritornare ad avere un ruolo “politico”, non nel senso dell’appartenenza partitica ma dell’impegno intellettuale per il bene comune.

SS: Ho chiesto ad alcuni amici che sono soliti frequentare i vostri eventi, di rivolgervi una domanda. Eccola: perché i Poetry Slam riscuotono più facilmente successo di pubblico, rispetto ad eventi letterari classici?

AR: Potrei dirti che è uno strumento particolare che movimenta le “solite” proposte letterarie, con tutto il rispetto per quelle di qualità. E poi che entrano in campo tutti gli elementi che ti ho detto sopra: il coinvolgimento, la varietà di stili poetici che si possono sentire in una serata, il fatto che sia una serata di “intrattenimento”, la comunità eccetera eccetera
Ma poi, ci ho ragionato parecchio, ed ecco quello che credo stia sotto sotto: il gioco e la gara, il buon vecchio agone, antico come l’uomo, sempre potente, come il ritmo, la parola, la poesia.

MP: I poetry slam sono senza dubbio degli eventi di successo dal punto di vista della partecipazione. La poesia ha di nuovo il suo pubblico! “Perché?” mi chiedi. Ecco i poetry slam hanno la capacità di coinvolgere una piccola comunità. Si tratta di poeti e amici ma non solo, si tratta anche di persone lontane dagli ambienti letterari che riscoprono il piacere della poesia o che semplicemente vogliono assistere ad uno spettacolo originale e diverso di cui gli hanno parlato. Persone che vanno a formare un pubblico vero e proprio, quindi non più addetti ai lavori, ma finalmente presenza nuove, giovani e meno giovani, che si appassionano per un poeta. Spettatori che votano alzando la mano e ci seguono nella rete. La poesia ha trovato una nuova strada.
Ti ringrazio per questo spazio che hai dedicato allo slam e a chi ci lavora.
I miei più alfanumerici saluti! MP